Rifiuti liquidi o acque reflue? Esploriamo insieme la differenza
Nell’ambito della gestione dei rifiuti è essenziale comprendere la differenza tra i rifiuti liquidi e le acque reflue -o acque di scarico- in quanto i due concetti sono fortemente legati, ma le differenze sono tante: tecniche, normative e giuridiche.
Per questo conoscere le definizioni non è mera formalità: è essenziale per poter operare in tutta sicurezza.
Per comprendere meglio di cosa parliamo, è bene partire dalla definizione di scarico. L’articolo 74 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 definisce lo scarico come
qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo recettore acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all’articolo 114
Si parla di scarico liquido, quindi, quando esiste un sistema di convogliamento delle acque nel corpo recettore e non vi è soluzione di continuità dal luogo di produzione fino al corpo recettore. È essenziale che il collegamento sia stabile e permanente e, ovviamente, che lo scarico sia autorizzato.
Per esclusione, tutto ciò che non rientra nella definizione di scarico è un rifiuto. Parliamo dunque di rifiuti liquidi quando è assente una condotta di scarico delle acque reflue al corpo recettore ed è presente un accumulo che può avvenire attraverso il deposito in vasche, serbatoi, cisternette di raccolta delle acque reflue, derivanti ad esempio dal lavaggio degli impianti di produzione, di attrezzature e linee…
Riassumendo, quindi, il criterio di discrimine è la tipologia di collegamento tra la fonte di produzione del refluo e il suo corpo recettore: se il collegamento è diretto parliamo di scarico, altrimenti di rifiuto.