Transizione Ecologica: un salto di qualità
A inizio marzo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge 22/2021 sul riordino delle attribuzioni dei Ministeri.
Il Decreto ha introdotto novità importanti nella direzione del cambiamento che sta avvenendo nella sensibilità ambientale a livello dello Stato. Tra le diverse disposizioni spiccano l’istituzione del Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica (CITE), del Ministero per la Transizione Ecologica (MiTE) e, infine, del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MiMS).
Il filo conduttore di queste disposizioni appare chiaro: la sostenibilità. In quest’ottica, il Decreto Legge 22/2021 è indice di un significativo cambio di mentalità che pone al centro questa tematica. Nel seguito ne citiamo i tre cardini.
Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica (CITE)
Introdotto da zero, il CITE ha il compito di assicurare il coordinamento delle politiche nazionali per la transizione ecologica e la relativa programmazione.
Il Comitato, presieduto dal Presidente del Consiglio Draghi, entro tre mesi dall’entrata in vigore del Decreto Legge dovrà approvare il Piano per la transizione ecologica: uno strumento necessario a coordinare le politiche energetiche, dalla mobilità sostenibile all’economia circolare, necessarie per raggiungere la transizione ecologica.
Tra i Ministeri che compongono il Comitato vi sono il MiTE e il MiMS.
Ministero per la Transizione Ecologica (MiTE)
Il MiTE prende il posto e le competenze dell’ormai ex Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM). Il nuovo Ministero acquisisce alcune funzioni chiave per la transizione ecologica in materia di energia, prima attribuite al Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE).
Il neo-ministro Cingolani ha da poco illustrato le linee programmatiche del suo Ministero affermando:
“Si tratta di una tappa importante nel percorso di tutela dell’ambiente e nel percorso di intervento a favore della transizione ecologica. Questa novità segna un salto di qualità nella sfida ambientale, poiché integra le tradizionali competenze del dicastero con quelle volte allo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili, sostenibili e non climalteranti, a tutela delle future generazioni, proprio nella logica di transizione ecologica”.
In aggiunta alle funzioni energetiche, il MiTE:
- pianificherà in materia di emissioni sui trasporti
- si occuperà di gestione e riciclo dei rifiuti
- promuoverà politiche di sviluppo sostenibile
- elaborerà politiche di promozione per l’economia circolare (fatte salve le competenze del Ministero dello Sviluppo Economico)
- coordinerà le misure di contrasto e contenimento del danno ambientale
- sorveglierà, monitorerà e recupererà le condizioni ambientali.
Con un terzo dei fondi europei, il Ministero della Transizione Ecologica sembra essere destinato a diventare tra quelli di punta del governo, secondo soltanto al Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MiMS)
Il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti è ridenominato Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MiMS). Come afferma il Ministro Giovannini, che ha proposto questo cambiamento, non si tratta di semplice formalità:
“Il cambio di nome corrisponde a una visione di sviluppo che ci allinea alle attuali politiche europee e ai principi del Next Generation EU. L’obiettivo è promuovere una forte ripresa economica del Paese che sia sostenibile anche sul piano sociale e ambientale”.
Il MiMS si strutturerà su tre dipartimenti: programmazione e gestione delle infrastrutture e dei sistemi a rete, opere pubbliche e trasporti.
La nuova organizzazione, che diventerà operativa tra poche settimane e potrà prossimamente subire marginali modifiche per recepire le linee programmatiche del Governo, rappresenta un’opportunità per attuare fin da subito l’indirizzo strategico sancito dal ridenominazione del Ministero.
Fin qui tutto bene, avrai pensato tu che hai letto con noi le promesse. Il nostro augurio è che queste politiche, che fanno ben sperare, non restino promesse su carta, ma siano indice di una riforma sostanziale del nostro Stato all’insegna dello sviluppo sostenibile.